Lo studio opera in prevalenza su fabbricati della tradizione: masserie, trulli e casali declinati al presente nel pieno rispetto della vocazione originaria.
A volte l’architettura nasconde una poetica. Tracce di una storia fatta di amore, rispetto, passione, desiderio di interpretare il nuovo sulle vestigia di un passato che riemerge con energia e incredibile suggestione.
Come un’architettura che invita a preservare, custodire, fare tesoro e dare valore alla semplicità di una volta. E ancora, respirare il bello con i dettami di un presente che si volta indietro con devozione e guarda avanti con altrettanto interesse, giocando su canoni di integrità, conservazione, pulizia formale e armonia fra gli elementi.
È il caso del prestigioso studio Flore&Venezia, fondato nel 1999 dagli architetti Aldo Flore, originario di Ostuni, e Rosanna Venezia, di Matera, oggi coppia nella vita oltre che nel lavoro.
La loro vicenda, nata sui banchi dell’Università, li ha portati al successo internazionale, partendo e tornando di continuo proprio al territorio d’origine, con l’obiettivo di adottare sempre pregevoli combinazioni tra antichi principi architettonici ed esigenze e criteri contemporanei.
Proprio come ci spiega l’architetto Rosanna Venezia:
“Lavoriamo per lo più sull’architettura esistente e quindi con un approccio di grande rispetto per le case storiche, oggetto per noi di un’attenzione rigorosa verso tutti gli elementi in campo: dalla raccolta delle acque piovane, ad esempio, alla corretta posizione delle finestre, fino all’uso di materiali naturali.
Un tempo si praticava realmente un’architettura a km zero, dato che le scarse risorse a disposizione portavano necessariamente all’utilizzo di materiali di rimanenza. Noi ci muoviamo nel solco di questa tradizione e prediligiamo infatti tre materiali: pietra, ferro e legno, declinati ognuno in varie modalità. Allo stesso modo, in sede di rifinitura, usiamo prodotti di natura artigianale, senza solventi e senza chimica”.
Sono scelte legate alla passione per il passato o rispondono a precise esigenze di sostenibilità?
“Direi entrambe le cose. La laurea in Restauro ci ha indirizzati al recupero di strutture tendenzialmente povere, come trulli o vecchie masserie, ma il nostro recupero è attento e rigoroso, come se stessimo intervenendo su preziose cattedrali. Oggi la clientela internazionale è sempre più sensibile a scelte compatibili con le peculiarità del territorio.
In aggiunta al preesistente abbiamo implementato le fonti di energia rinnovabile in modo che le strutture si presentino a consumo quasi zero: frequente in tal senso è il ricorso al fotovoltaico e alla geotermia, specie per spazi molto grandi. Gli studi in Germania poi sono stati preziosi per sviluppare un approccio ancor più pragmatico al progetto: miriamo quindi a realizzazioni belle da vedere ma anche perfettamente funzionanti”.
La parola d’ordine è interpretazione:
“Il nostro obiettivo è fa rivivere l’atmosfera originaria della struttura, tramandarla nel tempo. Come un chirurgo che interviene con la massima precisione e senza lasciare tracce. Nella lettura dell’esistente analizziamo tutti i materiali, compresi i pigmenti degli intonaci: importante a tal proposito il contributo di imprese di restauro che producono integrazioni a base di calce presente nelle fornaci attive ancora nel territorio.
La mano dell’architetto deve risultare quasi invisibile, discreta e minimale, ma naturalmente efficace. C’è di sicuro un filo rosso che collega i nostri progetti, ma ognuno alla fine appare unico, nella sua bellezza intrinseca originaria. Lo scopo è proprio questo. Chi investe oggi in Puglia è innamorato di questo territorio e quindi è importante creare la giusta atmosfera rievocativa del passato, attraverso ad esempio l’utilizzo di luci dimmerabili” continua Aldo Flore.
Si procede allo stesso modo anche nel progetto degli interni?
“Certamente. Facciamo ricorso ad arredi e complementi customizzati, affidandoci a fabbri, falegnami e vetrai. Ad esempio, il cristallo delle docce può essere sagomato secondo l’andamento irregolare delle pareti del vecchio fabbricato. O, per quel che concerne i rubinetti, facciamo spesso ricorso all’ottone, che può partecipare al naturale processo di invecchiamento del contesto conferendo nuovo fascino all’ambiente”.
Tra i vostri progetti più famosi c’è sicuramente Cantiere. Ci sono novità su questa idea espositiva?
“L’incarico originario era il recupero di un frantoio degli anni ’30 del Novecento per la realizzazione di una casa-vacanze. Noi però abbiamo visto nello spazio potenzialità ben più alte. Quindi, un po’ per caso, un po’ per gioco, abbiamo pensato ad un evento culturale-artistico che alla fine ha coinvolto il nostro studio, che festeggiava i 25 anni di attività, il fotografo Giampaolo Sgura e l’artista pugliese Angelo Filomeno, uniti tutti sotto il tema del “Gesto”: il focus era quindi sul processo mentale che precede il risultato di un progetto.
Dato lo straordinario successo della mostra, che ha registrato 30mila visitatori in 15 giorni, l’idea è quella di creare un appuntamento fisso da replicare annualmente e tema dell’esposizione 2024 sarà la Donna, interpretata e vissuta attraverso gli occhi di diversi artisti”.
Il progetto sull’area è complesso…:
“Demolendo gli edifici di scarso valore vorremmo affiancare alle strutture architettoniche più importanti un progetto contemporaneo con una struttura ricettiva e annessi mercato delle eccellenze pugliesi e una galleria d’arte. È di nuovo la storia che dialoga col presente e si confronta con esso…”.
Altri progetti che vi sono particolarmente “cari”?
Come per le canzoni, l’ultimo è sempre il più bello. Abbiamo da poco concluso Masseria Borzone, una vecchia torre di avvistamento sulle colline di Ostuni restaurata e trasformata in una casa privata per una coppia di australiani che hanno deciso di prendere dimora qui. Anche in questo caso lo studio è stato rigoroso sui materiali storici e sugli intonaci e il risultato è davvero magnifico”.
Quali sono i “segreti” del vostro team?
“Inizialmente io e Rosanna analizziamo insieme i progetti e poi prendiamo in carico i diversi lavori confrontandoci di tanto in tanto per ricercare nuove soluzioni. Essere coppia anche nel lavoro è impegnativo ma affascinante: ci piace metterci in discussione e trovare sempre nuovi stimoli.
Determinante poi è l’apporto dei nostri collaboratori, professionisti di assoluto valore, interessati alla crescita dello studio: in tutto siamo in 10 e operiamo in stretta sintonia. Non a caso abbiamo vinto anche diversi riconoscimenti, tra i quali il premio regionale come miglior progetto di restauro per Masseria Garzia, abitazione realizzata per Giampaolo Sgura e Miguel Arnau, che sono stati parti attive nell’opera. Una ristrutturazione sui generis, quindi, creata a 4 mani, dove emerge chiaramente anche la personalità dei proprietari, negli interni, nei colori e nell’interpretazione, per così dire, più pop. Il progetto è stato pubblicato in 5 diverse nazioni.
In tema di attestati di stima, cito anche la Masseria Donnagnora che, all’interno del portale Archilovers, è stato il terzo progetto più visto al mondo nel 2023”.
Infine, come si educano i giovani al bello?
“Lo studio Flore&Venezia è tra i soci fondatori, con Officine Tamborrino, di una scuola di Architettura per bambini dai 6 ai 12 anni: devo dire che la capacità ricettiva e il desiderio di partecipazione dei più piccoli sono formidabili.
Per questo li abbiamo voluti coinvolgere nel progetto espositivo di Cantiere. Anche nostra figlia, tra l’altro, sta studiando Architettura, a Milano: averle trasmesso la passione ci fa ovviamente molto piacere. Poi sarà lei a decidere la sua strada”.
E la storia continua. Sulle orme di una bellezza senza tempo.
Project Director Rita Baiguera
Graphic Designer Cristina Zanacchi
Stefania Vitale
Caporedattrice
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