Vis à vis con l’artista Elena Tagliapietra
Venezia è un’arte che ogni volta mi casca la mascella.
Se penso che per edificarla, a quei tempi là, con mezzi che vai a sapere, nella laguna hanno piantato foreste di tronchi e ce l’hanno costruita sopra, quella dea della meraviglia e della malinconia, mi vien da dire che no, dai, non è vero, ora mi sveglio da questo sogno incantato.
E se mi dicessero ok, ora prendi Venezia e usala: è a tua disposizione, fai un’opera d’arte, usala come una modella, facci quel che vuoi… Beh, mi tremerebbe il senno…
Cioè, c’è già tutto e anche di più, che vuoi farci oltre a contemplarla?! Ma Elena Tagliapietra vi è nata, là. Ne è figlia di un amore viscerale. Ne ha, nel DNA, brama e megalomania da conquistatrice.
Così Piazza S. Marco, lei, l’ha usata come vaso per la sua arte umanissima. O come scrigno per contenerci il suo cuore bianco. L’ha usata e omaggiata, Elena, la sua Venezia.
A sua immagine e somiglianza. Ma, anche, ha preso modelle/i e li ha fusi nei suoi colori, nei muri scrostati, nella sua anima. È un dialogo, il suo, tra umano e arte. E quando l’architettura è degna di dirsi tale, diviene paesaggio naturale.
Quindi Elena prende “l’uomo”, ne dipinge completamente i corpi e in quel paesaggio li (con)fonde. In una natura altra, in nome di un’arte nell’arte che accende gli occhi.
C’è sotto un gran lavoro; di concetto; di organizzazione; di realizzazione.
Fabio Bix
Artista ed esperto
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