Il Museo della Città di Livorno celebra il genio di Amedeo Modigliani a 100 anni dalla sua scomparsa
fino al 16 febbraio 2020
nell’immagine: Amedeo Modigliani, Jeune fille rousse (Jeanne Hébuterne), 1918, olio su tela, 46 x 29 cm, collezione Jonas Netter • Accanto: Amedeo Modigliani, Fillette en bleu, 1918, olio su tela, 116 x 73 cm, collezione Jonas Netter • Amedeo Modigliani, Elvire au col blanc (Elvire à la collerette), 1917 o 1918, olio su tela, 92 x 65 cm, collezione Jonas Netter.
Il volto che si allunga fino a toccare il dolore di un’assenza o di un disinganno. Il collo che si assottiglia come per l’estinzione di ogni incanto. Sono ritratti dai quali affiora senza indugi l’intensità di un magnetismo divenuto iconico, che non trascolora, non inganna e porta dritto allo stile di uno dei più grandi esponenti dell’arte moderna.
Amedeo Modigliani, conosciuto amichevolmente come Modì o Dedo, ha concepito l’arte come sintesi di esperienza e conoscenza e, in particolare attraverso la ritrattistica, ha reso indelebili le immagini di amici, compagne, amanti, ma anche collezionisti della scena del tempo.
A rendergli omaggio, in occasione del centenario della morte, è il Museo della Città di Livorno, che fino al 16 febbraio ospita la mostra “Modigliani e l’avventura di Montparnasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandre”.
La grande retrospettiva, curata da Marc Restellin e organizzata dal Comune della città toscana, in collaborazione con l’Istituto Restellini di Parigi e la partecipazione della Fondazione Livorno, offre al pubblico l’occasione di ammirare ben 14 dipinti e 12 disegni prima raramente esposti al pubblico. Accanto ad essi, oltre un centinaio di altri capolavori dell’École de Paris appartenuti ai due collezionisti più importanti che hanno accompagnato e sostenuto Dedo nella sua vita, vale a dire Jonas Netter e Paul Alexandre.
Ecco quindi in mostra opere di Chaïm Soutine, Maurice Utrillo e Suzanne Valadon. L’esposizione, organizzata ad hoc nella città natale di Modigliani, consente di immergersi nella controversa realtà di un personaggio che ha saputo conquistare il cuore di Parigi, rimasta infatti letteralmente ammaliata dalla sua arte. Modì morì per tubercolosi a soli 35 anni e non a caso il giorno dei suoi funerali si registrò una massiccia partecipazione di frequentatori dei quartieri artistici.
Ma ad alimentare la “leggenda” del genio livornese, fu anche la vicenda della giovane compagna Jeanne Hébuterne, anch’ella pittrice, che il giorno seguente alla morte di Modigliani decise drammaticamente di togliersi la vita. A fronte di un’esistenza tanto “rumorosa”, i quadri di Modigliani sono invece testimonianza di un dolore sordo, di una condotta ai margini di una desolazione perfettamente incarnata nelle pieghe dei visi.
Non si tratta però di immagini di pura amarezza perché, in contrasto con la malinconia di certi sguardi, i nudi di Modigliani, ad esempio, fanno emergere di frequente una vitalità fuori dalle righe. Rimane forte la percezione di un tedio mai sopito, come in un abbandono dei sensi al quale fare appello per una ribellione o un riscatto di natura artistica.
Ed è forse grazie a questo connubio di suggestioni che Modì divenne un autentico personaggio della scena prima parigina e poi mondiale. A Montparnasse e Montmartre strinse amicizia, tra gli altri, con Guillaume Apollinaire e Paul Guillaume, mentre Picasso lo ammirò per l’originalità e la modernità del suo linguaggio pittorico. Ma l’eleganza del suo tratto e la nobile naturalezza dei suoi quadri sono espressione di un linguaggio unico che raggiunge l’anima dei suoi soggetti, restituendole verità, espressività e poetica.
Un esempio su tutti, il ritratto Fillette en Bleu, opera di notevoli dimensioni datata 1918: la bambina raffigurata, avvolta in uno scenario di colore azzurro tenue, è un concentrato di innocenza e delicatezza, un tenero rimando in stile Modigliani alla dolcezza perduta dell’infanzia.
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di Stefania Vitale
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