IL DESIGN ITALIANO ANNI SETTANTA

11/04/2019

Lo stretto rapporto nel nostro Paese tra progetto e produzione

nell’immagine: Poltrona UP, design Gaetano Pesce per B&B Italia; Poltrona Proust, Alessandro Mendini per Cappellini;

 

Dagli anni Settanta in poi il rapporto fra progetto e produzione nel mondo del design in Italia si fa sempre più stretto, fino ad arrivare, per alcuni mobili e oggetti, ad una progettazione integrale, poiché la forma esplicita è chiaramente la struttura costruttiva.

C’è chi segue una linea opposta, soprattutto nella produzione degli imbottiti, dove lo spirito non si allontana molto da quello del vecchio tappezziere. Questi aspetti produttivi sottolineano la tipicità del settore del mobile in Italia: estrema varietà di modelli, formazione prevalentemente architettonica dei designers, scarso impiego della linea di montaggio, breve durata nella produzione dei tipi e delle forme e modesta produzione dal punto di vista quantitativo con esiti di piccola serie.

Tutto questo determina difetti e imprecisioni dettati dall’improvvisazione ma anche pregi della progettazione integrale e della sperimentazione. Per quanto riguarda la componente “vendita” le principali azioni culturali e socio-produttive furono svolte dalle Triennali che sono rimaste sempre in una sfera elitaria e, come tali, incomprensibili al pubblico, agevolando solamente le esportazioni.

La grande maggioranza dei prodotti sul mercato non reca tracce delle caratteristiche che li qualificano come “oggetto di design” (qualità, quantità e prezzo basso) perché quasi tutti gli oggetti sono:

· nati da una concezione e produzione meramente tecnologica;

· esemplari unici, sia per la complessità tecnica, sia per il loro uso tanto straordinario da contraddire il concetto di serie;

· banalmente quantificati, tanto da ignorare ogni ricerca di qualificazione della forma;

· caratterizzati solo da operazioni linguistiche; copia degli stili del passato;

· frutto di un compromesso fra artigianato e industria.

In poche parole, questi articoli non hanno raggiunto la massa e una produzione industriale, di conseguenza, il loro prezzo è stato tenuto forzatamente alto in omaggio all’ideologia della classe agiata che identifica il valore della merce con il suo alto prezzo. La vendita è affidata a lussuosi showroom, filiali delle ditte, o a punti di vendita gestiti da commercianti privati. In questa labile struttura commerciale i rischi di crisi sono sempre presenti. Come se concetti e falsi concetti superassero gli oggetti fino al punto di legittimare la teoria per cui l’informazione si sostituisce al prodotto.

 

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Ezio Ramera

 

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