||“Portovenere” 1966;

PEPI MERISIO, CLICK SI GIOCA

11/04/2019

Gli scatti del fotografo bergamasco fra emozioni e nostalgia dell’Italia di una volta.

nell’immagine: “In Campo San Polo, Venezia” 1958; “I cantori della Croce di legno” 1967; “Una via di Urgnano” 1964

 

Il gioco come poesia. Come fermo immagine di un tempo che non c’è più. Come incredibile pretesto per una forma d’arte che mixa a dovere suggestione e tecnica: la fotografia. È in svolgimento alla Torre del Castello dei Vescovi di Luni di Castelnuovo Magra, in provincia di La Spezia, la mostra dal tema “Pepi Merisio.

Il gioco” che, attraverso una cinquantina di immagini, esplora con incanto e delicatezza la cultura fotografica e non dell’Italia del secondo Novecento. Gli scatti, per la maggior parte in bianco e nero, indagano infatti nelle abitudini del nostro Paese fra gli anni Cinquanta e Ottanta, puntando l’obiettivo su attimi scanzonati di totale evasione. Sono immagini di fanciullezza e libertà, che trasudano entusiasmo e buonumore. Immagini che sembrano farci percepire il vociare dei bambini nelle corse a perdifiato nei cortili o nelle piazze del paese.

Pepi Merisio, celebre fotografo originario di Caravaggio (Bg), concepisce la sua attività come il desiderio di raccontare un mondo che va a scomparire, restituendo al pubblico sensazioni e dettagli altrimenti perduti. Nato nel 1931, comincia a fotografare da autodidatta nel 1947 riuscendo ad ottenere via via diversi riconoscimenti in Italia e all’estero. Lavora per il Touring Club Italiano e le riviste Camera, Réalité, Photo, Maxima, Pirelli Look, Famiglia Cristiana, Stern e Paris Match, oltre che per il settimanale Epoca, allora il più importante magazine per immagini in Italia.

“Portovenere” 1966; “Gubbio, Perugia” 1956

Il mondo di Merisio è quello che strettamente gli appartiene, anche in senso affettivo, e del quale ama circondarsi e circondare la sua platea. Il suo fare arte è la documentazione di una realtà che ha saputo caricare di fascino partendo proprio dalle umili gesta dei contadini. Gli occhi del fotografo sono quelli di uno spettatore innamorato, capace di tramutarsi in appassionato cantore del proprio presente.

Lo sguardo si posa dolce sulle scene di una realtà povera ma ricca di energia, vitalità, coraggio e nella quale l’evasione è una forma di divertimento ma anche di “resistenza”. Sono scene prive dell’io narrante perché il racconto corre fluido, naturale, senza filtro, se non quello di un tempo che è memoria e meraviglia. Gli istanti fuoriescono dal proprio contesto ma vanno a completarlo, arricchirlo, nobilitarlo.

Certe giornate, sembra dire Merisio, non torneranno più. E allora giusto riviverle attraverso questi click che parlano il linguaggio dell’immediatezza, transitando nella spontaneità di attimi qualunque. E quando i contorni vanno gradualmente sfumando, c’è ancora il desiderio di raccontare un’epoca nella semplicità del suo quotidiano conferendole una dimensione senza tempo.

Merisio irrompe sulla scena senza creare interruzioni ma creando insoliti equilibri fra immaginazione e ricordo.

fino al 30 giugno 2019
pepimerisio.it

 

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di Stefania Vitale

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