Giovanni Tomasini, designer e direttore creativo di Studio7B, presenta l’ultimo progetto del designer Matteo Di Ciommo.
“Sono contenitori nei quali riporre qualcosa di piccolo, le “gioie” per l’appunto. Sono piccole scatole, un po’ sculture”.
Con questa breve definizione Matteo Di Ciommo ci introduce al suo ultimo progetto:
una collezione di 17 porta gioie, pezzi unici realizzati a mano in legno massello, conciliando diverse essenze come noce, ciliegio ed ebano.
Matteo è un giovane designer, ma preferisce autodefinirsi progettista, scrollandosi così di dosso un termine al giorno d’oggi più che mai inflazionato e dal significato controverso.
Non disdegna inoltre di immergersi in esperienze di autentica auto-produzione, operando fra trucioli e profumo di legno.
Definirei Matteo Di Ciommo come l’interprete di una realtà meravigliosa, quella della nostra quotidianità e del mondo.
Ciò che ci circonda, è tanto carico di significato e valore culturale da saturare talvolta la nostra percezione e rischiare quindi di passare inosservato.
Gli strumenti di questo progettista-narratore sono la materia, la forma e una spiccata sensibilità, oltre ad una preparazione che lo contraddistingue e lo rende un professionista colto e maturo.
Classe 1987, romano di nascita e milanese d’adozione, Matteo Di Ciommo si laurea prima a La Sapienza e poi al Politecnico;
lavora a Roma e a New York per poi tornare di nuovo in Italia.
Nella sua attività può vantare mentori del calibro di Francesco Faccin e Michele De Lucchi e con quest’ultimo continua tutt’oggi un’attiva collaborazione nella gestione del suo laboratorio.
“Ierofanie, portagioie anche” questo il titolo della collezione, che vanta pezzi stilizzati tutt’altro che anonimi, dove possiamo scorgere i profili di templi, cattedrali e mausolei.
Ierofanie appunto, ovvero icone legate alla manifestazione del sacro.
I portagioie dovrebbero essere quindi i custodi di ciò che a noi risulta più intimamente caro e perciò sacro.
Queste minute arche sono bellissime e suggestive, ma di per sé null’altro che contenitori vuoti;
questo il pretesto che Matteo Di Ciommo utilizza per un’ulteriore riflessione legata allo stretto rapporto che intercorre fra il vuoto e il sacro.
Il nostro “sacrilego” tentativo di vestizione del sacro è quindi un’esperienza e non un attributo formale di un oggetto, diventando totalità indivisibile e sfuggente, non scomponibile né afferrabile.
Più progettista che designer, più filosofo che poeta, Matteo è un talento che cerca la concretezza delle cose, nelle sensazioni più auliche e sfuggenti di un mondo tutto da raccontare e da vivere.
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di Giovanni Tomasini
Studio7B – interior design, industrial design, web e consulenza in marketing & commerciale.
FabLab BRESCIA, via Pavoni, 7/B Brescia
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