stefania zorzi dentrocasa aprile 2018
stefania zorzi dentrocasa aprile 2018

STEFANIA ZORZI, VIAGGI EMOTIVI

Nella sua arte, l’unione di più mezzi espressivi, dalla pittura alla scultura, dalla fotografia ai video.

nell’immagine: “Speme”

Stefania Zorzi nasce nel 1985 a Gavardo (Bs) e vive e lavora tra l’Italia e l’Austria, dove ora risiede. L’ho “corteggiata” per un po’ di tempo e finalmente riesco a fare quattro chiacchiere con lei a proposito del suo lavoro… Nella tua attività artistica sei conosciuta per lo più per la fotografia.

Come hai “scoperto” questo mezzo di espressione? “Mi sono laureata in Arti Visive all’Accademia L.A.B.A. di Brescia nel 2010; nel 2008/2009 ho frequentato la Facultad de Bellas Artes di Cuenca (Spagna). I miei primi interessi erano concentrati sulla pittura e sulla scultura. Nel corso dei 5 anni accademici ho sperimentato la fotografia come mezzo di espressione, concatenandola con la ricerca che stavo elaborando. La fotografia è diventata quindi un mezzo prezioso che mi permette di esprimermi in modo più diretto. Le tre tecniche poi si sono collegate e oggi si intercambiano”.

Nelle ultime mostre nazionali ed internazionali a Madrid, Brescia e Vienna ci si confronta con una visione multiforme, un intero universo di riferimenti incrociati, che uniscono le fotografie con video, “scatole” e poesie “ricamate”. Ancora una volta ci sono quei fili di lana rossi… “Mi piace lavorare per metafore che diventano un invito all’indirizzo dello spettatore a percorrere diversi passaggi di pensiero e ad intraprendere viaggi emotivi. Il filo diventa desiderio, esistenza e legame. Questi grovigli formano gabbie e reti, tessute di abitudini e problemi che ci separano dalla spontaneità della vita. Possono legare il corpo bloccandolo e, contemporaneamente, proteggerlo, come una culla morbida. In questo tipo di protezione, il corpo, liberato da connotazioni esterne, si dona allo spettatore. Così anche le “scatole”, allargandosi, diventano metafora di pareti, stanze, case. Una scatola simbolica che racchiude e protegge il corpo: possiamo vederla come una prigione o come un’armatura per proteggerci dal mondo esterno”.

Dalla serie in Bunker
In stanze di case

Spesso il tuo lavoro è connesso con le tue esperienze personali. Sei tu quindi la modella di te stessa? “Anche. Lavorare con me stessa è più immediato: il corpo diventa scultura e l’ambientazione si trasforma in pittura. Nei progetti a cui sto lavorando attualmente c’è la presenza di altre persone e sto associando la fotografia con altre combinazioni tecniche, come disegno, video e scultura, creando nuovi tipi di connessioni”.

 

• chi

Stefania Zorzi
stefaniazorzi1.wixsite.com/stefaniazorzi

 

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di Gianbattista Bonazzoli
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