Al Museo della Figurina di Modena una mostra/progetto ripercorre la storia della bicicletta attraverso album, cartoline e vecchi modelli
fino al 13 aprile 2020 • fmav.org
Nell’immagine: La lettura del Times, 1895-1910, pubblicità confezioni Maurice Marois, Gien, dalla serie di 4 figurine Sulla penny-farthing • Sfortuna, 1902, pubblicità cioccolato Stollwerck, Colonia, dalla serie di 6 figurine “In viaggio” • Il ciclismo, 1890-1900, pubblicità Chocolat du Planteur de la Compagnie Coloniale, Parigi, dalla serie di 42 figurine Attività varie.
Tutti in sella! Perché, come si suol dire, se hai voluto la bicicletta… Ma come è mutata nei secoli l’emozione di farsi una pedalata? Il viaggio sulle due ruote è un’avventura che getta radici molto lontane, in quei rudimenti da “c’era una volta” che così poco somigliano agli attuali esemplari hi-tech.
Eppure è proprio alle intuizioni di tanti anni fa che si deve la nascita di uno dei mezzi di trasporto più affascinanti e duttili per la vita dell’uomo che, non a caso, in barba alle evoluzioni tecniche e scientifiche, continua a riservargli un posto di onore nella sua quotidianità.
Sì perché la bici, icona per eccellenza della storia moderna, ha saputo mantenere nei secoli funzione e charme per tutte le età e le culture, affermandosi come presenza trasversale, oltre che sulle strade e nello sport, anche nella moda e nel costume.
“Bici davvero! Velocipedi, figurine e altre storie” è l’esposizione curata da Francesca Fontana e Marco Pastonesi, con il patrocinio della Federazione Ciclistica Italiana, e allestita al Museo della Figurina di Modena, realtà istituzionale che fa parte di Fondazione Modena Arti Visive.
Si tratta di un vero e proprio omaggio, addirittura un atto d’amore, per le due ruote che, attraverso 350 pezzi, tra album, figurine e modelli storici, rivivono nelle evoluzioni più curiose e avvincenti degli ultimi due secoli.
C’è tempo fino al 13 aprile, data di chiusura della mostra, per calarsi nelle peripezie di inizio Ottocento, quando dall’abbozzo delle primissime idee prende pian piano corpo l’invenzione stessa della bicicletta.
Il percorso espositivo si apre infatti con la doverosa celebrazione dei pionieri del “settore” per arrivare ai mezzi decisamente più leggeri e maneggevoli di oggi: si parte dal barone tedesco Karl Drais von Sauerbronn, che nel 1817 inventò la Draisina, “macchina da corsa” spinta dalla sola forza delle gambe e, passando per Pierre ed Ernest Michaux, ai quali si deve l’applicazione dei pedali alla ruota anteriore, si approda alle rivoluzionarie, fiammanti, biciclette in carbonio dei nostri giorni.
E se apparentemente tutto è cambiato, assolutamente immutato è rimasto lo spirito che alimenta il fruitore di questo vecchio, caro, mezzo di trasporto: dai corridori delle grandi gare ciclistiche che tagliano il traguardo segnati dal fango e dalla fatica, ai semplici utilizzatori della bicicletta come strumento agile, economico e ecologico per raggiungere ad esempio il luogo di lavoro.
Tutti, chi più, chi meno, continuano inevitabilmente ad affidarsi alla spinta di quadricipiti e polpacci, nella ritualità di un gesto che si nutre di fatica, sudore, ma anche di estrema libertà.
Sì perché le due ruote rimangono anche un curioso fenomeno di emancipazione e di costume influenzando tanto l’abbigliamento maschile, vedi ad esempio i mutamenti della divisa dei fantini, tanto quello femminile, dal progressivo abbandono delle gonne ottocentesche, all’utilizzo di pantaloni larghi, galosce e pratici stivaletti per coniugare eleganza e funzionalità.
È solo all’inizio del Novecento, comunque, che la bicicletta raccoglie un numero considerevole di adepti anche fra le donne, spazzando via tabù e moralismi che la etichettavano come mezzo poco decoroso, per nulla elegante e pure rischioso per l’integrità fisica. Senza contare i capelli scompigliati dal vento e la pelle arrossata: insomma, un’esperienza complicata e non dignitosa per il gentil sesso.
Nel progetto della mostra modenese non manca il delicato tema della sicurezza, che pone l’accento sulla necessità di una maggiore responsabilità nella circolazione stradale.
E infine l’interessante sezione dedicata alle corse e ai ciclisti, con i campioni di un tempo concepiti alla stregua di autentici eroi e uno speciale ricordo della figura di Fausto Coppi nel sessantesimo della morte. Tutti in sella, si diceva. Un berretto, una borraccia e via, sfrecciando in leggerezza su un percorso di passione e scoperta.
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di Stefania Vitale
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