L’abbiamo cercato e lui si è lasciato trovare. Semplice no? Proprio per niente.
Leonardo Caffo, filosofo e scrittore, arriva a Brescia e come spesso accade siamo andati a prenderlo. I nostri occhi lo cercano nel piazzale della stazione. Nel silenzio degli sguardi abbassati dei mattinieri della domenica lo vediamo. Non abbiamo studiato teoria della percezione visiva, ma la sovrastruttura da intellettuale è abbastanza visibile: occhiali alla Cossiga, cardigan naif e una bella copia del New York Times sotto braccio.
Ci presentiamo. Pochi saluti e tante domande. Dove andiamo? Chi siamo? Cosa facciamo? Ci stiamo nei tempi? Insomma domande a cui si risponde durante tutta una vita e forse non basta nemmeno quella.
Poche risposte, anzi l’unica che sappiamo dargli è “Vieni e senti”. Abitudinari come siamo, prima di andare in negozio, ci fermiamo in piazza Vittoria per bere un caffè. Il razionalismo a colazione è sempre un’ottima scelta.
Forme pulite, geometrie e ritmo ci portano già esteticamente nello spazio di Rawness. Entriamo in boutique e ci sdraiamo sui nostri divani porporati. Triclini contemporanei per una degustazione olfattiva. Iniziamo a sentire e solo dopo iniziamo a parlare. In realtà sentiamo per vedere. I profumi ci portano immediatamente nell’Altrove. Saranno le note fumose del ginepro spinoso di Cade di Aer a invitarci a salire verso l’alto, come incenso che ci connette con il divino, come riti sciamanici in cerca del senso.
E come spesso accade quando si cerca il senso, quando si vuole entrare più profondamente nelle cose, si chiudono gli occhi. Solo allora si può vedere. Gli odorisi sovrappongono alla nostra visione e nuovi paesaggi emergono. La nostra velocità di fuga rallenta e finalmente stiamo. L’altrove è lontano, noi siamo qui seduti a sentire. C’è solo questo. Non esiste più fuga, Leonardo, esiste solo una parola per il contemporaneo: Oggi. Il domani non è contemporaneo.
Che cosa è naturale? Oggi si utilizza tanto l’aggettivazione “naturale” che per me significa tantissimo. Possiamo dire che non c’è niente di naturale e non c’è niente di non naturale. Ogni gesto culturale, come direbbero Pasolini e Ungaretti è di per sé contro natura, di lotta alla natura. Se tu vuoi creare un profumo naturale stai già andando contro natura. Nella natura il profumo è legato a ciò che lo emette. Se tu cerchi d’imprigionare un odore all’interno di un contenitore stai già compiendo un gesto artificiale.
Che rapporto ha la filosofia con il profumo? Quasi nessuno ha scritto qualcosa d’interessante sull’odore. C’è una parte della filosofia della percezione che si occupa della percezione olfattiva, ma siccome la filosofia è la cosa più antropocentrica che sia stata prodotta nella storia dell’umanità, quello di cui tu hai bisogno è il tangibile, il logos, il visivo. Se noi avessimo fatto una teoria della percezione non basata sullo sguardo ma sull’olfatto sarebbero stati cazzi. Avremmo dovuto cambiare completamente le forme e le strutture di tutto il nostro pensiero.
La tua esperienza più forte legata all’odore? Odio i fiori, odio comprarli e regalarli. Se ci pensiamo bene, sono l’organo genitale delle piante, sarebbe come regalare alle persone un mazzo di peni o vagine. In particolare quando parlo di fiori intendo l’odore dell’insieme di tutti i fiori. Da siciliano ho vissuto l’esperienza di dormire in casa con un defunto e mi ricordo l’odore dello spazio abitato, dello spazio di vita trasformarsi in morte.
Di che cosa profuma il futuro? Io non credo nel futuro. Credo sia il concetto con cui ci hanno rubato la vita. Se devo essere sincero non credo nemmeno nel passato. Infatti non credo nella giustizia e in tutto ciò che giudica il passato. Credo solo nel presente.
Allora che profumo ha il presente? Di mare. Salsedine.
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