L’umanità e la semplicità delle storie dell’ultimo Nobel per la Letteratura. Gli scenari di una volta per rivivere i valori di sempre.
Danza delle ombre felici – Alice Munro – Einaudi
L’entusiasmo, la curiosità. O entrambe le cose combinate fra loro e unite al desiderio di lasciare una traccia scritta. Si respira voglia di stare al mondo in questa raccolta di storie (risalente al 1968) scritta da Alice Munro, autrice canadese, premio Nobel per la Letteratura 2013. La quotidianità si svela nella semplicità dei gesti, ripetuti, mai clamorosi, ma resi estremamente vivi ai nostri occhi, quasi come al cospetto di una pellicola cinematografica. Ci sono le gioie di una bambina che si affaccia sulle bellezze della sua terra e le prime esperienze di fronte al contraddittorio mondo degli adulti. C’è una personalità che si sta formando e che prelude alla nascita di una grande scrittrice: uno spiccato spirito di osservazione unito al desiderio di ritagliarsi il proprio angolo di libertà mentre il resto intorno a lei scorre a prescindere. C’è l’orgoglioso rapporto col padre, che la porta con sé ad esplorare nuovi territori, e c’è quello più conflittuale ma altrettanto affettuoso con la madre, che ne accompagna accuratamente la crescita nel più classico dei contrasti generazionali. Non sempre succedono fatti eclatanti in questi racconti, ma la scrittura non perde comunque vigore e piacevolezza. Le ore sembrano scorrere lente, tra attività “normali” che richiamano le abitudini di un tempo e l’amore per la famiglia. Alice Munro tratteggia istanti sottili dietro a dialoghi brevi, frutto di una letteratura istintiva, naturale, lontana da qualsiasi esercizio di stile. Il minimo cenno di un suo personaggio è sufficiente ad abbozzarne un ritratto esaustivo che ne svela le movenze fisiche come anche i principali risvolti psicologici. Vicende del tutto ordinarie in scenari privi di accenti si trasformano in occasioni di analisi, di scavo interiore e quindi di reciproco arricchimento. E, quando gli episodi sono inevitabilmente più drammatici, il coinvolgimento è naturalmente più palese. Succede anche che il passato bussi prepotentemente al presente, per chiedere dazio ad una coscienza non sempre cristallina. Succede che certe ferite non riescano a rimarginarsi e che si impari a conviverci. Succede che alla lunga si preferiscano le verità alle scappatoie e che nelle verità si ritrovino parti di noi che non credevamo di avere.
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di Stefania Vitale
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