A confronto con le diverse tematiche elaborate dall’artista di Coccaglio.

Felice Martinelli è nato a Coccaglio (Bs) nel 1962 e si è diplomato nel 1988 all’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano, dove insegna dal 1991. Vorrei sapere come nasce l’idea embrionale per dare vita ad una tua opera.
“Cerco parole che si avvicinano al mio sentimento mattutino. Tra le carte e gli appunti sparsi sul tavolo, leggo frasi lasciate, mi soffermo sulla prima: “L’occhio vede ciò che la mente conosce” (Goethe). Ogni giorno metto in atto diverse modalità operative: scrivo elenchi di parole, ritaglio giornali e riviste, viaggio su carte geografiche. Suggestioni, specchi e sorgenti, labirinti e ruote girevoli. Cosa direbbe oggi Matisse con le sue forbici o Enric Miralles in quegli spazi da inventare…” risponde.

codici miniati, ferro, patina rugginosa, 160x310x15 cm, 2015
Le tue opere sono molto fisiche e finiscono con l’invadere gli spazi dove vengono collocate… “Sono immagini spezzate o frammentarie, torsi acefali, fiumi di uomini e cose. “Anatomiche”: così ho titolato quei gruppi di lavori, corpi tatuati, incisi, scarificazioni metalliche. Poi, al rientro da un viaggio a Londra, riduco la tavolozza alla forte traccia primaria, da incisione rupestre a magma in cui far circolare l’immagine e nasce “Vulcaniche”, geometria essenziale, archeologia segnica sommaria”.
Ti ho visto lavorare fisicamente e sporcarti spesso le mani… “In officina, mentre seguivo la realizzazione di altri lavori, nel cupo dell’androne, ho disegnato lasciando cadere su carta densi filamenti di smalto antiossidante, nero oscuro e rosso ruggine, grumi, da cui la serie “Limen” con il pensiero rivolto alla Siria” continua Felice Martinelli.
Negli ultimi tempi sei portato a lavorare sempre di più su commissione? “Negli ultimi anni, sollecitato anche dalla collaborazione con alcuni architetti, la mia produzione e la mia progettazione sono rivolte al dialogo con lo spazio dell’abitare o della vita collettiva, con la difficile ma indispensabile committenza pubblica e privata… Così nascono i recenti muri strutturali in ferro, vetro e totem, ampi bassorilievi murari come all’ingresso della sezione codici miniati del Museo Diocesano di Brescia. Cerco rapporti, verifico pelli possibili, cerco respiro. Solchi, fosse, scavi che intrappolano luce e bocche che la liberano. Nero e oro. Notte e suoni. Affondo e riemergo ogni volta” conclude Felice Martinelli.
• chi
Felice Martinelli
felicemartinelli.com
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di Gianbattista Bonazzoli
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