Un’arte che, partendo dagli archetipi dell’infanzia, crea spunti di riflessione sulla realtà contemporanea.
Simone Benedetto nasce nel 1985 a Torino, città dove vive e lavora anche attualmente.
Simone è laureato in Scultura e Arti plastiche all’Accademia Albertina di Belle Arti. Andiamo a conoscerlo meglio attraverso questa intervista.
• I tuoi lavori sono apparentemente semplici. Richiamano il gioco, l’infanzia, ma anche la guerra e gli sconvolgimenti sociali. Ti piace quindi trattare al contempo temi universali e contemporanei?
“Bisogna procedere cautamente nel dare un giudizio alle mie opere perché vanno guardate con gli occhi di un adulto, ma mantenendo lo spirito di un bambino. Il mondo dei balocchi può trasformarsi infatti in un universo addirittura minaccioso. Mi preme sottolineare da una parte la frattura inarrestabile tra adulto e bambino nell’era post-giocattolo e dall’altra la visione deformante dell’effimero. Per questo mi piace ribaltare lo spazio che la scultura occupa e il suo raggio d’azione. I miei lavori risultano presenze improbabili: i peluche diventano incompatibilicon la vita di ogni giorno, generando sbigottimento, stupore e lasciando un punto interrogativo a chi osserva e tenta di capire. Gli orsi, ad esempio, appaiono strabilianti per la loro grandezza e sembrano giocattoli per adulti. Ma non sono sicuro che il messaggio arrivi sempre dove io voglio che arrivi”.
• I bambini che rappresenti sembrano non accorgersi della realtà che li circonda. Hanno lo sguardo fisso sui loro tablet e non vedono il mondo reale attorno a loro. Vivono una realtà fittizia?
“Le mie sculture rappresentano solamente dei bambini in quanto tali, ma sono assimilabili a una proiezione intrinseca dell’adulto che conserva l’innocenza, la forza creatrice e l’inventiva brillante dei primi moti d’animo”.
• La parola “fantasia” non viene quasi mai accostata all’arte figurativa forse perché appare irrimediabilmente inflazionata, ridotta a discorsi banali o, peggio ancora, a slogan pubblicitari. Tu, al contrario, la usi come mezzo di denuncia e di riflessione…
“La fantasia rimane per me un concetto indispensabile. La mia fantasia incamera le esperienze in modo totalmente libero, senza regole, senza prescrizioni e senza particolari pretese. E siccome, vista la mia giovane età, io di esperienza ne ho poca, sento l’inevitabile urgenza di usare la stessa logica dell’adulto. Per questo motivo faccio in modo che oggetti banali possano custodire e trasformare una realtà “altra” creando collegamenti insoliti e rapporti causa-effetto misteriosi che vanno a sorprendere l’osservatore. Si arriva così a ragionamenti legati alla società o a qualcosa che si è già sentito o letto. Non invento niente, per la verità. Il mio obiettivo è solo quello di sottolineare la realtà circostante”.
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di Gianbattista Bonazzoli
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