gaetano pesce dentrocasa luglio 2017
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GAETANO PESCE, IL DESIGN È INCOERENZA

01/07/2017

A colloquio con uno dei nomi più prestigiosi del panorama mondiale, tra architettura, arte e design.

Eccomi qui… A distanza di 6 lunghissimi anni torno a scrivere per dentro- CASA ed è un po’ come rientrare da un lungo viaggio. Tornare a casa è bello, non esiste sensazione più rassicurante, e collaborare con persone appassionate è sempre stimolante… Per questo numero speciale ho incontrato niente meno che il maestro Gaetano Pesce. E se il design è arte, egli incarna in modo esemplare il ruolo di innovatore. Si divide fra la casa/studio di NewYork e gli impegni per il mondo. Architetto, designer e artista di fama internazionale, con opere esposte nelle maggiori istituzioni culturali, dal MoMa al Victoria&Albert Museum di Londra, Pesce rappresenta già un pezzo di storia. Ho avuto il piacere di partecipare all’anteprima della sua mostra al Palazzo Ducale di Mantova con progetti, schizzi, immagini, plastici e materiali differenti che riassumono la carriera infinita di un cervello in continua evoluzione. A cuor leggero, fra amici “secolari”, come ironizza lui, presentandomi Rodrigo e Adele Cassina, e tra altri incontri non propriamente comuni, abbiamo chiacchierato dell’idea che ha ispirato “Architettura e Figurazione” visitabile fino al 3 settembre. Maestro, cosa vuole trasmettere attraverso questa mostra? “Si tratta di un’esposizione particolare perché non riguarda l’architettura in senso estetico, ma comunica un nuovo modo di concepire l’architettura stessa, spesso associata ingiustamente all’edilizia. In questo momento storico non è più tempo di visioni accademiche e l’architettura viene quindi avvicinata alla figurazione per ottenere immagini che sappiano parlare ad un pubblico non specializzato. Qui è tutto quindi molto diretto, più facile”. La considera più una mostra di architettura o di arte? “L’architettura è la forma d’arte più importante, quindi la mia è una mostra d’arte ma senza alcuna standardizzazione”. Lei è senza dubbio una voce fuori dal coro e pare tenere molto alla sua originalità. Non pensa sia fondamentale però mantenere un’identità? “I pensatori, se originali, sono sempre fuori dal coro, sono dei non conformisti… Non ci si può più permettere di essere riconoscibili, viviamo in un tempo contraddittorio: si deve essere incoerenti”. Molti suoi colleghi ne fanno una questione di coerenza progettuale… “I miei colleghi dicono di fare gli Architetti, io non dico di fare l’Architetto. lo sono Architetto quando faccio architettura, ma sono anche tante altre cose. Ora per esempio sono un vecchio che chiacchiera con lei”.

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Dall’alto in senso orario: Vaso Foulard; Friend Lamp; Landscape Table; Vaso Albero e Poltrone Feltri (Cassina).

Quindi la coerenza sta nell’essere sempre incoerente e irriconoscibile… “Certo che sì. Zaha Hadid aveva uno stile e lo riportava in luoghi diversi del mondo. Quello si chiama stile internazionale e lo considero una sbagliata interpretazione perché ogni ambiente ha le sue caratteristiche e noi progettisti dovremmo utilizzare linguaggi diversi a seconda degli spazi che andiamo ad occupare”. Però io trovo riconoscibili i suoi prodotti: hanno tutti quell’aspetto fiabesco e un po’ sfacciato. “I prodotti, ma forse i progetti no. I prodotti sono più riconoscibili” mi interrompe. Questo per le richieste legate alla commercializzazione? “Quello non mi preoccupa veramente. Quando penso a un prodotto esce in un certo modo. Se penso che valga la pena metterlo in produzione, lo propongo alle aziende. In genere va così”. Lavora ancora sui piccoli prodotti? “Certo! Io ho due uffici: uno è pulito, di rappresentanza, l’altro è un laboratorio dove facciamo esperienze sui materiali, ricerche, modelli… Ho sempre lavorato in due luoghi”. Si è sempre sentito capito? “In genere sì perché le mie opere sono quasi sempre semplici e dirette… Per esempio quella poltrona (indicando la UP produzione B&B Italia), che ha ormai quasi mezzo secolo, dice che la donna è schiava dei pregiudizi e delle paure degli uomini. È facile da capire, sì o no?” Sorride… Tornerà a lavorare in Italia? “Chi lo sa? Mi lascio trasportare dagli eventi, non programmo. New York è la capitale del mondo e lì si fanno esperienze molto più avanzate. In Europa la cultura è rispettata più che negli Stati Uniti e la patria della creatività resta l’Italia. Però a New York ci sono minoranze che mantengono la loro identità, e questo è molto interessante. L’uguaglianza annoia, porta alla banalità, la diversità invece porta a nuovi modi di comunicare”. L’intervista è terminata e io lo “libero”. Intorno tantissimi fotografi, giornalisti, amici… Mi saluta quasi con affetto, inizia la conferenza stampa. Gaetano Pesce comincia a parlare ed io capisco perché tutti lo chiamano Maestro.

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cristina giorgi

Cristina Giorgi
Spazio metodo
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