ISABELLA-GARBAGNATI-INTERVISTA

ISABELLA GARBAGNATI, “SPAZI DI LUCE”

18/01/2023

L’architetto e designer milanese Isabella Garbagnati, si racconta: dalle origini alla nascita degli ultimi progetti.

Ha la luce negli occhi Isabella Garbagnati quando parla delle sue creazioni.

La stessa luce che si ritrova in quello che realizza giornalmente. Quando spazia nei mondi che vuole ancora esplorare. Quando immagina un risultato che è già “latente” da qualche parte e che aspetta solo di essere scoperto. Come un viaggio nel tempo, nei luoghi e soprattutto nelle emozioni suscitate dai materiali che abitualmente maneggia.

Sì perché Isabella Garbagnati, architetto e designer milanese, ama perlustrare sempre nuove strade cercando spunti e input che inevitabilmente vanno a condizionarne i progetti. O, forse addirittura sono loro che cercano lei…

“Tutto è nato un po’ per caso – esordisce – quando vivevo e lavoravo a Parigi dall’architetto Jean Nouvel. Mi ero trasferita in una piccolissima casa nel 6° arrondissement col mio gatto e poi – sorride – sono arrivati anche i miei bambini…

Portandoli a scuola passavo sempre davanti ad una galleria in rue de Seine che esponeva due lampade gemelle in ferro e legno del designer Jaques Le Chevallier. Per me è stata un’autentica attrazione fatale e ho pensato di ricrearle a mia volta. Da lì ho capito quante cose sono necessarie per poter realizzare una lampada: ho rotto tutto e non sono riuscita a fare nulla!

Così ho scoperto una fantastica libreria di resine dove ho trovato resine epossidiche colorate che mi hanno dato il la per realizzare i miei primi spazi di luce”.

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Lampadario Cabochon, ph. Hali Masons

– Progetti che poi si sono sviluppati, evoluti e sono cresciuti anche nelle dimensioni…

“Ho lavorato per due anni con Florence Lopez. Ho realizzato per il suo showroom, in rue du Dragon a Parigi, e per molti dei suoi clienti, serie limitate di lampade da tavolo, iniziando ad usare pietre preziose semitrasparenti, come l’ametista e la labradorite, per decorare i miei spazi di luce. Il mio percorso ha conosciuto la svolta con Dimoregallery.

Per loro ho realizzato due collezioni esclusive, Starlight Collection e Odeon Collection: linee di architettura trasposte in lampade e tavoli. È qui che ho conosciuto Nicola Falappi di Studio 40 che, vedendo i miei pezzi, ha iniziato la collaborazione.

Con lui ho cominciato ad affrontare l’approccio diretto col cliente in cantieri aperti intervenendo sulla scelta dei punti luci per realizzare pezzi unici per la casa e i suoi abitanti, soddisfando quindi esigenze reali e realizzando oggetti più grandi e complessi.

Dai miei fornitori ho imparato molto e il desiderio di approfondire rimane immutato: mi piace mettere le mani “in pasta”, scoprire i materiali e gli abbinamenti. Lavoro tutto il giorno. Entro la mattina “pulita” e esco la sera in chissà che stato…

Mi piace seguire tutto in prima persona, dal disegno alla produzione: mi piace saldare, calandrare, usare la fresatrice e quant’altro…” continua Isabella Garbagnati.

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Isabella Garbagnati.

– Tra le novità, il lampadario Cabochon ideato per il Salone:

“Negli anni avevo sempre lavorato con la gravità, mentre adesso sono riuscita finalmente a “staccarmi da terra”. Cabochon è realizzato con lenti di onice e marmo e vetro Savana ed è stato scelto come pezzo speciale, in esclusiva, dalla prestigiosa galleria Mint di Londra, in 3-5 Duke Street.

È ispirato, nel mio immaginario, alle luci dei treni degli anni Trenta. Succede spesso nel mio lavoro, quasi come se avessi vissuto in un’altra epoca… Adoro lavorare con le pietre assemblando materiali diversi e individuando quindi le tolleranze necessarie per far sì che vadano d’accordo.

Per quanto concerne la funzione, me lo immagino come una luce d’angolo, da inserire quindi in uno spazio bene definito”.

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– Quanto conta la struttura e quanto il lato estetico nelle tue creazioni?

“Per me il dettaglio è sempre strutturale, è sostegno. La forma non è fine a sé stessa, non ha valenza puramente estetica, ma è finalizzata alla struttura, appunto. È come un vincolo per me…”.

– Le tue opere vogliono comunicare anche un messaggio?

“Le mie prime lampade erano state definite poesie di luce. Sono in genere oggetti che tengono compagnia, che fanno sentire la loro presenza, me lo dicono anche i miei clienti. Penso sia importante che i miei pezzi abbiano la loro identità da trasmettere a chi li sceglierà.

Cito a tale proposito anche la Starlight Collection: collezione di 7 lampade, tutte diverse, riunite da un linguaggio comune, a creare degli spazi accoglienti per la luce, piccole architetture che sanno emozionare. Ogni pezzo nasce dal disegno o da un materiale, prende forma costruendolo passo passo e inizia a vivere una volta installato e scelto da chi ne farà uso.

Ultimamente poi faccio lampade dedicate proprio al singolo soggetto e allo spazio che le andrà ad ospitare. Ho un lavoro in corso con Nicola Falappi, per esempio, di una lampada che sfonda idealmente la soletta, come una sorta di scenografica spada luminosa” continua Isabella Garbagnati.

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– Sono tutti pezzi unici?

“Sì, sono punzonati e numerati. Pezzi unici con due prove d’artista e 5 pezzi, tutti su misura”.

– Ci sono designer del presente ai quali ti ispiri?

“Guardo tantissimo gli altri designer, ma soprattutto quelli che non ci sono più. Mi piace vedere come lavoravano specialmente negli anni Cinquanta, declinando le loro tecniche al mio linguaggio di oggi. Come un filo rosso fra passato e presente.

Le influenze maggiori le ho ricevute dai miei studi, da mio nonno architetto che mi portava nel suo studio e in cantiere e dalla parentela diretta con Gio Ponti, mio cugino, che in realtà non ho mai conosciuto ma del quale in casa abbiamo diversi oggetti, caffettiere disegnate, quadretti e auguri di Natale.

A guidarmi tantissimo sotto l’aspetto della ricerca dei materiali è stato il mio insegnante universitario Decio Guardigli: non era un docente come gli altri e nelle sue lezioni ci stimolava tantissimo.

Ricordo quando ci ha fatto disegnare un paesaggio incantevole… Che meraviglia… Era anche un po’ scenografo e creare la magia nello spettatore è un’arte che mi ha sempre attratto molto, così come mi affascinano anche le scenografie potentissime di Robert Wilson, minimaliste e contemporanee, che riescono a realizzare l’idea di vuoto e di luce, come la spazialità di Caravaggio.

Mi viene in mente anche Olafur Eliasson, ma pure Anish Kapoor è un artista che seguo molto”.

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Isabella Garbagnati, oltre che con Dimoregallery, collabora anche con Mint di Londra e Blend Roma.

“Con quest’ultima galleria ho realizzato in esclusiva una consolle molto speciale: insieme a Paolo Vasi, con il quale è nata anche un’amicizia, le ho dato il nome di Diana. È un pezzo di pura struttura e leggerezza, non ci sono fronzoli. La sua eleganza parla attraverso i dettagli, dal vetro sollevato e sospeso, ai morsetti in ottone che pinzano la struttura” aggiunge.

– Hai anche uno studio tutto tuo?

“Me lo sto costruendo piano piano. Già me lo immagino e sarà bellissimo”.

– Con quali materiali ti piacerebbe lavorare nel prossimo futuro?

“Adoro in genere la ricerca materica e quindi continuare a cambiare. Ho iniziato da poco a usare il legno. Lavoro molto con le finiture, quindi le ossidazioni, e la radica anche e mi piacerebbe lavorare con il bronzo, fare le fusioni e staccarmi dalla tecnica degli incastri che utilizzo sempre. Adoro sperimentare, vedere dove si arriva.

Ho l’ossessione del dettaglio e questo mi segue anche nella realizzazione di altri pezzi, come consolle, tavoli, specchi, mondi che mi catturano tutti, ognuno con le sue peculiarità”.

– Tra i sogni nel cassetto, c’è quello di insegnare ai bambini:

“Per me sono una risorsa incredibile ed è stupendo scoprire che effetto fa l’arte su di loro. Anche perché, quando insegni, alla fine impari…” conclude Isabella Garbagnati.  

isabellagarbagnati.com

Ig @isabellagarbagnati

Stefania Vitale

Stefania Vitale

Caporedattrice

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