Un’indagine sull’opera dell’artista francese operante a New York
Édouard Nardon, nato a Bordeaux nel 1978, vive e lavora tra New York e Los Angeles. Al primo sguardo, le sue opere lasciano interdetti. Il volo di colombe, la gentilezza dei fiori, i colori caldi dei gialli e dei rossi. Poi arrivano allo stomaco i neri che si intromettono e sconquassano l’opera lasciando le prime impressioni fuori dalla porta, quindi bisogna azzerare e ripartire, cercando di capire.




Possono sembrare soltanto degli esercizi di astrazione, i quadri partono da precise composizioni figurative basate su fissazioni personali. I dipinti cominciano a rivelarsi quando Nardon delinea e compone i gesti ripetuti sulla bozza prescelta, utilizzando materiali come polvere di marmo, gesso e pigmenti grezzi. Quindi riduce o arricchisce l’opera tramite un grado di separazione inconsapevole, liberando se stesso dal significato originario e letterale.

Ad un certo punto gli accumuli iniziano a prendere forma entro le proprie dimensioni simboliche, mentre l’artista comincia l’elaborazione. Ogni strato, apparentemente eterogeneo, si mantiene a distanza dal successivo, relazionandosi talvolta in conflitto, talaltra in armonia.
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Gianbattista Bonazzoli
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