L’artista mantovano e i suoi “microceani” che colorano la natura...
Claudio Malacarne, nato a Mantova nel 1956, ha reso l’acqua un pattern acquisito, una geografia sedimentata che può accogliere ogni variazione di stato, ogni azione umana, ogni temperatura e clima del momento: come se la tela fosse mare dentro, circoscritto dal telaio, un microceano fedele su cui trascrivere singolarità emotive, istanti dentro il gesto, spicchi di vita che l’estate rende narrazione sentimentale.


Ci sono opere che non rispecchiano il carattere intimo del suo creatore ma ne diventano la proiezione parallela, una specie di seconda vita, un gemello diverso che può dire molto senza rivelare la sua essenza profonda.
Altre opere, invece, descrivono le geometrie sentimentali come fossero rivelazioni matematiche, parlano con la grammatica e la sintassi dell’animo abissale, assottigliando le distanze tra creatore e “creatura”.

Malacarne appartiene alla seconda ipotesi, quella in cui l’opera sembra l’escrescenza spirituale dell’artista, un prolungamento instabile e metaforico, intriso di coscienza sensibile e universalità sentimentale. L’arte di Malacarne respira con la stessa frequenza del Pianeta Terra, una sintesi sincronica che fonde il nostro spirito con il paesaggio naturale, con il peso invisibile del mare, con le stoffe del vento che ci vestono, con il sole che ci accende, con la luna che carezza i nostri sogni.
(Estratto da un testo di Gianluca Marziani)
L’articolo continua su DENTROCASA in edicola e online.

Gianbattista Bonazzoli
bonazzoli99@gmail.com
cell. 328 3465570
Seguici su