Nell’opera dell’artista trentino un’indagine profonda sulla vulnerabilità umana
Jacopo Dimastrogiovanni, artista trentino classe 1981, attraverso la pittura intende sviluppare una riflessione sull’Uomo, al fine di indagare le ragioni e gli effetti dei turbamenti che lo caratterizzano e ne travagliano la natura stessa.
“Immortalato in uno stato di vulnerabilità, il soggetto si lascia riconoscere, stabilendo un rapporto visivo con l’osservatore che spinge quest’ultimo a discernere nel quadro un’elaborazione delle proprie inquietudini”.


Nella realizzazione dei suoi lavori, Dimastrogiovanni parte sempre da un appiglio figurativo, che tuttavia progressivamente logora e deforma. L’aspirazione a scavare nelle profondità dei soggetti raffigurati si traduce infatti nell’esigenza di aggredire fisicamente la superficie pittorica, raschiando la tela con spatole o con il dorso del pennello stesso.
Dopo quest’opera di disfacimento, avviene allora una parziale ricostruzione dei tratti mediante l’applicazione di sottili strati di carta e di colore, nel tentativo di ricomporre una fisionomia certamente deformata e sofferta, ma altresì autentica: quella che, in fondo, l’autore considera come l’essenza più intima e sincera dell’Uomo.

In queste opere Dimastrogiovanni ha cercato un punto di contatto, un riflesso, tra il proprio vissuto e le pellicole cinematografiche di cui si è voracemente “nutrito” a partire dalle chiusure del periodo pandemico: in tal senso il cinema era diventato, assieme alla pittura, il principale canale di sfogo e di nutrimento artistico, in assenza pressoché totale di qualsiasi altro contatto sociale.
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Gianbattista Bonazzoli
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