Sono i contesti a rubare la scena negli splendidi ambienti firmati dal prestigioso architetto romano
Convivenze. Accostamenti che strizzano l’occhio alla storia di uno spazio, al contesto territoriale o paesaggistico, ma anche a citazioni colte e mai forzate, votate sempre a dare vita a un’atmosfera ben calata nel presente. Addentrarsi nei progetti dell’architetto Massimo Adario significa imbattersi in autentici gioielli di stile, tra rispondenze cromatiche e calibrati colpi di scena.

La sua prerogativa è proprio quella di non rincorrere una cifra stilistica precostituita. È corretto? “Esattamente. Le mie realizzazioni nascono tutte guardando al contesto, alle sue peculiarità, facendo di esse i veri elementi di differenziazione. Non ho mai seguito una vera e propria cifra stilistica: cerco sempre di essere io, in modo camaleontico, ad adattarmi al luogo e non viceversa.”



Tra i lavori simbolo dello studio, la meravigliosa abitazione romana dello stesso architetto Adario, ricavata al quarto piano dello storico Palazzo Sacchetti di via Giulia. “In questo spazio ho davvero inseguito un dialogo intimo col prestigio del contesto, un maestoso palazzo del ‘500 caratterizzato da un alto soffitto in legno con decori sui toni del blu. La scelta è avvenuta, tra l’altro, del tutto per caso, imbattendomi in un annuncio al quale, onestamente, non avevo dato troppa importanza. Leggendo “via Giulia” mi sono buttato e la fortuna, devo dire, mi è venuta incontro”.


Come nasce il suo amore per il collezionismo? “Attraverso la frequentazione di alcuni amici, che mi hanno involontariamente avvicinato a questo mondo. Naturalmente anche la professione di architetto induce a visitare mostre e esposizioni… Il mio approccio al progetto non è infatti quello classico dell’architetto, che spesso si autoimpone un numero enorme di vincoli, ma quello proprio dell’artista, molto più libero di muoversi, di ampliare lo sguardo”.

Interpretare uno spazio, vestirlo ad immagine del committente, rimane una sfida? “Onestamente mi piacerebbe mi dessero sempre carta bianca – sorride l’architetto – ma mi rendo conto che non è possibile. In realtà il progetto lo fa sempre il cliente, e giustamente aggiungo. Se un’idea mi dovesse snaturare, preferisco non occuparmene. E, sia chiaro, non è un atto di presunzione” conclude l’architetto Adario.
L’intervista continua su DENTROCASA in edicola e online.
Project Director RITA BAIGUERA
Graphic Designer CRISTINA ZANACCHI

Stefania Vitale
Caporedattrice
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