Sopra: Trattoria Lacerba, 1921, olio su tela applicata su tavola, cm 20, 3×39.
A Palazzo del Podestà di Montevarchi la retrospettiva per rilanciare la figura dell’artista fiorentino Rosai.
Siedono solitari fissando un orizzonte chiuso, oppure campeggiano malinconici per le vie del borgo, a piccoli gruppi, nei loro pensieri sparpagliati, o magari solo a coppie.
Sono i tanti soggetti di Ottone Rosai, la sua umanità rappresentata senza sconti. Uomini, donne e bambini alle prese con il proprio patrimonio di sofferenze, inquietudini, urgenze interiori. E l’artista ci si rispecchia in toto scandendone i volti e sfrondandone le forme, fino a pervaderne l’anima con quanta più complicità possibile.
Nella storica sede di Palazzo del Podestà di Montevarchi (Ar) è in corso la mostra dal tema “Ottone Rosai”, interessante retrospettiva dedicata al pittore nato a Firenze nel 1895 e morto a Ivrea nel 1957.
L’intento è quello di rivalutarne l’eredità artistica e scandagliarne i percorsi creativi rimasti in larga parte sconosciuti.
L’esposizione, curata da Giovanni Faccenda e fortemente voluta dal Comune aretino, si concentra sulle opere provenienti da collezioni private realizzate nel ventennio fra le due guerre, tra il 1919 e il 1932, periodo nel quale Ottone Rosai vive un’intensa stagione al servizio dell’arte.
Forgiato dalla Prima Guerra Mondiale, per la quale si era arruolato, Rosai si confronta con le nuove frontiere dell’uomo moderno rivivendone a pieno i tormenti e le contraddizioni nel segno di una identità che fatica a ritrovarsi con lo scorrere degli anni.
Lo specchio dei giorni più pungenti si ritrova nell’uso di colori cupi, antichi, a sfociare in una composizione realistica e senza fronzoli, eppure fortemente contrassegnata dalla personalissima mano del pittore.
Nel suo fare arte Rosai non ha mai rinnegato la velata inquietudine del proprio presente: da qui la personale ammirazione per i personaggi interpretati da Charlie Chaplin, impressi in quel malinconico vagabondare che è poesia tramandata.
Schivo e raramente sorridente, Rosai ritrae in principal modo l’uomo comune, i suoi fugaci incontri e le abitudini di una vita, fra lavoro, occupazioni famigliari e piccoli svaghi quotidiani. Compagnie sparute colte nel loro consueto peregrinare divengono modelli casuali che l’artista annota sul proprio taccuino nutrendone i contorni di nuova azzardata bellezza.
Il suicidio dell’adorato papà, distrutto dalle difficoltà economiche della propria bottega artigiana, segnerà pesantemente l’iter anche creativo di Rosai il cui pessimismo si traduce nella rappresentazione di strade in salita, curve cieche e tinte sempre fosche.
Ma da quel nefasto 1922, la vita dell’artista conosce una nuova svolta, in positivo, col trasferimento in una casa-studio fuori città: qui, abbracciare le distese della campagna porta nuova linfa alle sue giornate contraddistinte da una ritrovata, catartica, leggerezza.
Lo spettacolo della natura allevia cioè lo sgomento alienante del distacco, restituendo una proiezione immediatamente più ottimistica e spensierata della quotidianità.
Una vitalità che profuma di rinascita, quindi, e che porterà alla conquista di nuovi consensi, vedi anche la partecipazione, con alterne vicende, alla Biennale di Venezia.
Ed è proprio nella prospettiva, come detto, di una preziosa riconsiderazione dell’artista che si inserisce la mostra di Montevarchi dando rilievo tanto a opere più conosciute, quanto ad autentici inediti scovati dal curatore in diverse case private grazie agli approfonditi studi sui rapporti con gli eredi e i galleristi.
Lo scopo è superare la lettura superficiale che è stata riservata a Rosai in un primo periodo per lanciarlo invece tra le più prestigiose voci del nostro Novecento.
Un’operazione che si preannuncia vincente in una duplice ottica: da un lato quella di allacciare nuovi legami fra gli esponenti del mondo dell’arte e le peculiarità del territorio e, dall’altro, quella di analizzare i diversi di piani dell’opera di Rosai, a diretto contatto con riferimenti culturali anche di matrice internazionale.
fino al 6 giugno 2021*
*Giorni di apertura e modalità di visita della mostra seguono le disposizioni governative in tema di contenimento del COVID-19.
Stefania Vitale
Caporedattrice
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