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Mostra "Invisible City" di Veronica Gaido (2023), anno 2020. Chiostro di sant'Agostino (LU)

VERONICA GAIDO: fascinazioni fluide

08/12/2023

A colloquio con l’artista-fotografa che ama raccontare storie di luce, emozione e dinamismo.

Ogni immagine è una traccia di poeticità, scoperta, seduzione.

Un confrontarsi esclusivo con soggetti che si trasfigurano per poi nuovamente disvelarsi e che tanto hanno sempre da comunicare, grazie soprattutto all’occhio di chi li ritrae. L’obiettivo è quello di Veronica Gaido, fotografa e artista, che fa del suo strumento un prezioso filtro per reinterpretare la realtà arricchendola di un punto di vista del tutto personale. Un’indagine sfaccettata, multiforme, che analizza e si nutre di prospettive sempre nuove, a contatto con dimensioni eterogenee, dal corpo umano, come nel progetto Afrodites, alle metropoli contemporanee, protagoniste invece del ciclo Invisible city.

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Scende il colore DUE (100x150 cm), Veronica Gaido

Nelle opere, così come nella vita di Veronica Gaido, centrale il tema del viaggio. “Invisible city è un progetto iniziato nel 2015, dopo aver ripreso in mano “Le città invisibili” di Italo Calvino, libro già letto ai tempi della scuola, ma che, ripreso in mano con gli occhi e l’esperienza dell’adulto, ha completamente cambiato il mio approccio alle città. Partendo, come spesso accade per me, da un tema letterario, voglio descrivere una nuova idea di cultura: le metropoli moderne diventano cioè rappresentazioni simboliche della vita urbana contemporanea, luce pura, sostanza che vive e si trasforma”.

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Le danze di Erzulia, Stampa giapponese (2017), Veronica Gaido

Per le sue fotografie utilizza una tecnica specifica? “Prediligo una lunga esposizione, di circa 8/10 secondi, intercettando così le atmosfere in costante cambiamento. Inizialmente ho utilizzato la definizione di fotografia liquida. Quello che mi preme è il concetto di fluidità. Questo si svela anche nel progetto sul corpo femminile che ho nominato “L’amour et le divorce” dove lavoro su composizione e scomposizione”.
Un criterio razionale, rigoroso, che Veronica Gaido applica analogalmente anche al progetto delle città: “Acciaio, ferro e vetro dei grandi grattacieli attraverso il mio occhio diventano morbidi, deformi, mutano e si flettono  restituendo un’immagine sinuosa”.

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Danzando (100x120 cm) Ed 1/9+2pa (2021), Veronica Gaido

C’è un messaggio dietro le sue opere o lo spettatore è libero di interpretarle a piacimento? “Io credo nella libertà in tutte le sue manifestazioni, a maggior ragione in campo artistico. La fotografia è per me la rappresentazione soggettiva della realtà, un linguaggio che rimane universale. Il mio intento è dunque esprimere emozioni e raccontare storie, aprendomi e guardando il mondo: mi piace esplorare le sfumature delle forme.

Tornando alla tecnica, nelle sue opere non ama la post produzione: “Utilizzando la lunga esposizione, preferisco non reintervenire successivamente in maniera artificiosa. Amo pensare al soggetto nella sua naturalezza. Anche nei ritratti, come nelle copertine dei libri, prediligo immagini più genuine, che lasciano intravedere le tracce di vita “del soggetto”.

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Guardami (100x150 cm) (2020), Veronica Gaido

Si ritrova nella definizione di fotografa-artista istintiva? “Assolutamente. Aggiungo che sono molto empatica e mi piace entrare in sintonia col soggetto in pochissimo tempo, ricavandone un punto di vista inusuale, un’anima, oserei dire”.

In questo periodo Invisible city è in scena a Milano, nell’esclusiva location di De Padova Santa Cecilia, dove opere di grandi dimensioni di Veronica Gaido sono affiancate ad icone del design firmate Boffi |DePadova.

“Abbiamo pensato ad un tour di queste opere, cominciando proprio da Santa Cecilia, per continuare poi con Miami, Londra e Parigi” continua la fotografa.

Fino al 10 gennaio, Invisible city è in scena anche a Pietrasanta, al Complesso Sant’Agostino: “È una mostra che mi rende particolarmente orgogliosa, essendo originaria della Versilia. Il mio percorso artistico è iniziato proprio lì, dove risiedono anche le mie radici”.

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Città Nuova (100x150 cm) (2020), Veronica Gaido

A proposito di esordi, fondamentale fu il contributo dell’indimenticato Philippe Daverio, storico dell’arte al quale Veronica Gaido riserva un pensiero affettuoso: “Gli sarò sempre riconoscente per la spinta che ha saputo darmi in questa mia attività. Nel 2012 facevo parte con lui della giuria “Premio Fondazione Henraux” e, viaggiando tanto insieme in macchina per lavoro, cominciai a parlargli del mio modo di fare fotografia e mai avrei immaginato di fare delle mostre. Fu lui a spronarmi: mi scrisse un pezzo di presentazione e mi diede anche il prezioso consiglio di avvalermi sempre di un curatore di arte e di uno più specifico in campo fotografico” conclude Veronica Gaido.

veronicagaido.com

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Stefania Vitale

Caporedattrice

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