Al Museo del Cinema di Torino un’esposizione sulle opere del regista e illustratore romano
Cosa dicono davvero le favole? Quali verità, anche oscure, si celano dietro avventure, peripezie, lacrime e sorrisi dei personaggi che affollano, dalla prima infanzia, la nostra fantasia? Addentrarsi nell’opera di Stefano Bessoni è un po’ rispondere a queste domande lasciandosi investire da un’arte condita di sortilegio e mistero.
Viverne poi l’opera all’interno della Mole Antonelliana di Torino, eccezionale sede del Museo Nazionale del Cinema, è senz’altro un quid in più per comprendere a fondo il genio creativo del regista, illustratore e animatore romano. Qui infatti l’universo di Bessoni si fonde con la storia e la cultura del nostro Paese, e non solo, ricreando quel suo piccolo, meraviglioso, mondo cupo, e a tratti perturbante, che invita a una rilettura più cosciente e responsabile del significato delle storie.
Tema della mostra, curata dallo stesso Stefano Bessoni e da Domenico De Gaetano e visitabile fino all’11 settembre, è non a caso “La Mole delle Meraviglie” e comprende oltre 150 opere, per la maggior parte provenienti dall’archivio privato dell’artista e dalle collezioni dello stesso Museo Nazionale del Cinema.
Si procede come all’interno di un’originalissima Wunderkammer nella quale affiora evidente la grande passione di Bessoni per il tetro, fra disegni, sagome scheletrizzate, teschi, conchiglie, reperti e preparati zoologici, elementi che vanno a fondere i suoi studi in Scienze biologiche con l’amore per l’arte.
Bessoni trasforma la favola in scienza e viceversa, sviluppando una ricerca espressiva che, con incredibile disinvoltura, si muove dalle illustrazioni all’animazione stop-motion, dalla realizzazione dei puppets fino al grande interesse per il cinema. In primo piano emergono i riferimenti classici rivisti in chiave macabra, ma non senza una punta di ironia, per un risultato inquietante e affascinante al tempo stesso.
Reale e immaginario dialogano strenuamente e non mancano gli omaggi a Maria Adriana Prolo, studiosa e collezionista, fondatrice proprio del Museo del Cinema, e Alessandro Antonelli, l’architetto che ha progettato la Mole. A completare il quadro, le sezioni dedicate ad altre tre personalità cardine nell’iter creativo di Bessoni: Charles Darwin, Cesare Lombroso e Peter Greenaway.
Il percorso della mostra racconta così una dimensione che, spaziando fra le arti e ibridandole “a piacimento”, incuriosisce e cattura, sconcerta e sbalordisce, fino a generare quel turbamento che ben si distacca, ad esempio, dalla visione edulcorata delle interpretazioni disneyane. La storia di Pinocchio, ma anche quella di Alice e di Dorothy, rivelano la loro essenza genuina, disincantata, fra le incognite, gli scompigli e i pericoli che la crescita pone realmente davanti.
Bessoni non lesina l’inserimento di elementi traumatizzanti con l’obiettivo di indugiare anche sull’aspetto formativo dell’arte, nel tortuoso processo individuale di apprendimento e di scoperta. Lo fa fornendone un punto di vista alternativo e personalissimo, in una prospettiva che innesca più o meno volutamente interrogativi piccoli e grandi, ma sempre trasmettendo al suo pubblico un pizzico di smarrimento e un pizzico di meraviglia.
Come nelle sue incredibili illustrazioni realizzate in tecnica mista, immagini delicate e giocose, se pur contrassegnate costantemente da tratti tenebrosi. O anche nei suoi celebri burattini snodabili, creati ad hoc per l’animazione stop motion, figure sinistre e suggestive che al senso dell’incubo aggiungono sempre granelli di tenerezza, facendosi così portatrici di un messaggio trasversale di stupore e divertimento.
Fino all’11 settembre 2023
museocinema.it
Stefania Vitale
Caporedattrice
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