Alla scoperta delle opere del fotografo bresciano
Era inizio estate 1969 quando a Virgilio Donato, giovane studente bresciano, come premio per la promozione al primo anno di liceo, venne regalata una Halina Paulette, macchina fotografica che non aveva nulla di automatico in quanto tutto doveva essere impostato a mano (anzi… ad occhio), dalla messa a fuoco, ai tempi e ai diaframmi. Fu così che quel quindicenne imparò a “leggere” la luce e, scatto dopo scatto, imparò anche a fare delle fotografie che aggiungessero qualcosa alla sua vita ancora tutta da scrivere.
Quel ragazzo ora ha trovato la sua dimensione: attraverso vari anni di maturità con alti e bassi (lavoro, tempo, famiglia, etc…) ha sempre trovato nella fotografia la principale valvola di sfogo, di ricreazione e anche di evasione dal quotidiano.
- Cos’è per te la fotografia, un mezzo per comunicare, o solo un fattore estetico di ricerca? Ne vuoi parlare ai lettori di DENTROCASA? Per me innanzitutto è rendere fisico un ricordo dal duplice valore: del soggetto e soprattutto dell’emozione vissuta in quel
momento. L’immagine è sotto gli occhi di tutti, ma il ricordo dell’emozione è solo mio. Questo è quello che cerco di fare nelle mie opere: provare ad evocare nello spettatore qualcosa di simile alla mia emozione del momento, o per lo meno ad evocarne anche una opposta alla mia, basta che sia sincera”. Ti piace poco lavorare con teleobbiettivi e grandangoli ed altri marchingegni, cerchi sempre il contatto sia con la natura che con il corpo. Ti piace di più il sussurro che il grido di meraviglia… “Non ho mai venduto un’opera in vita mia e mentre scatto, in studio o in giro per il mondo, con la mente torno quindicenne e i pensieri, le preoccupazioni, lo stress della vita scompaiono come d’incanto. Analogamente accadeva in camera oscura, tra sviluppo e stampa dei bianco e nero dell’epoca, quando la camera oscura in realtà era il bagno grande di casa, reclamato alla sua funzione originaria dal sopraggiungere della vita di
coppia. Le ore passavano senza che me ne accorgessi e vedevo apparire il frutto del mio smacchinare tra tempi, diaframmi, naso in su per capire la luce e via discorrendo. Non mi piace il sensazionalismo delle cose, preferisco la vicinanza, il contatto”.
In questa intervista ci siamo limitati a indagare il corpo femminile, ambientato in interni con luci Caravaggesche dove la figura traspare
in atteggiamenti intimi e quotidiani…
“Il ritratto di figura ambientato è l’argomento che da sempre mi piace trattare con la fotocamera, retaggio forse di quando, in vacanza, obbligavo mia sorella a farmi da modella. Mi piace, nel ritratto, far risaltare l’animo della
modella che sto fotografando, spaziando dal romanticismo alla sensualità, adattando la scena alla persona che ho di fronte cercando la complicità del momento. Anche per questo preferisco scattare con persone che conosco e con le quali mi posso anche sbilanciare un po’; ringrazio le tante ragazze/ donne del mio circondario che si sono fidate nel farsi riprendere e diventare – come io le chiamo – le “modelle della porta accanto” conclude Virgilio Donato.
Gianbattista Bonazzoli
bonazzoli99@gmail.com - cell. 328 3465
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