Nell’immagine in copertina: Carta Hawk 120×120
Nelle opere dell’artista veronese Marica Fasoli si rappresenta la nascita e la morte riavvolgendo il “ciclo di vita” di un origami
Marica Fasoli è nata a Bussolengo (Vr), nel 1977.
Dopo aver conseguito nel 1995 il diploma di Maestra d’Arte al Liceo Artistico Statale di Verona sez. Accademia, nel 1997 si specializza in addetto alla Conservazione e Manutenzione dei manufatti artistici su legno e tela con il massimo dei voti presso gli Istituti Santa Paola di Mantova.
L’artista si racconta così alla rivista DENTROCASA:
“Una leggenda giapponese narra che chi piegherà 1000 gru vedrà i propri desideri esauditi. Vi racconto una storia… Sadako Sasaki, una bambina esposta alle radiazioni della bomba atomica di Hiroshima quando aveva 4 anni, si ammalò di leucemia all’età di 10.
La bambina iniziò a piegare le mille gru, ma morì prima. Aveva piegato 644 gru. Degli amici portarono a compimento la sua opera e raccogliendo fondi le venne eretta una statua nel Parco della Pace di Hiroshima: una ragazza in piedi con le mani aperte ed una gru che spicca il volo dalla punta delle sue dita.
Gli origami sono definiti “inutili come la poesia”, la loro creazione come una “danza delle mani” e hanno una valenza fortemente meditativa e sacrale: “ori” significa infatti “piegare” e “kami” vuole dire “carta”, ma anche “divinità”.
Nelle mie opere voglio rappresentare proprio il ciclo vitale, partendo da un origami per arrivare a ciò che ne rimane dopo averlo decostruito, spingendo l’osservatore ad una riflessione profonda sulla creazione e sulla distruzione, sulla nascita e sulla morte, in un continuo ciclo che si ripete.
Per questo le mie opere si caricano di profonde suggestioni disvelando, nella rappresentazione realistica della trama lineare prodotta dalle pieghe sulla carta, anche i risvolti esistenziali della mia anima, la mia costruzione interiore che si sostanzia in una geometria accidentale, dettata dalle plissettature e perennemente sospesa tra mimesi e astrazione; una geometria che talvolta amo vivacizzare, sormontandola con sequenze lineari dalle marcate sfumature cromatiche, in modo da sottolineare l’aspetto di dinamismo ottico della superfice.
La carta – continua Marica Fasoli – diventa allora una sorta di mappa geografica dove si dispiegano e si definiscono le tracce della lavorazione di ripiegatura che ha subìto per trasformarsi in origami, così come i tratti fisionomici di un volto, le rughe, gli ispessimenti della pelle sono testimonianza di vita vissuta. Gli origami vengono decostruiti, dispiegati.
Il processo della loro nascita viene riavvolto all’indietro per rivelare la loro essenza più pura. La carta, con la sua estrema fragilità e complessità, rappresenta la fine delle cose nel segno di una continua rinascita.
Da sempre nel mio percorso artistico sono interessata alle increspature e alle stropicciature della carta, materia prima da sempre utilizzata come semplice supporto bidimensionale per la stampa, la scrittura o il disegno e in realtà capace di insospettabili metamorfosi”.
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